Banca dati sugli scrittori di lingua italiana nel mondo

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Il progetto in breve

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Da circa una decina d’anni, la Sezione di italiano dell’Università di Losanna si è specializzata nello studio della letteratura dell’emigrazione di lingua italiana in Svizzera e nel mondo. Un Centro di documentazione e una banca dati informatizzata sono stati creati e progressivamente sviluppati.

La definizione di una prospettiva di ricerca a lungo termine e la messa a punto dei principi metodologici necessari sono state possibili grazie a una tappa decisiva: l'organizzazione a Lo­sanna, nel 1990, di un congresso internazionale sulla letteratura dell'emigrazione[1]. I circa. cinquanta studiosi venuti dall'Europa, dalle due Americhe, dall'Australia e dall'Africa del Sud,   hanno potuto confrontar i con questa letteratura per la prima volta, in maniera globale e a livello internazionale. Sono allora emerse l'ampiezza e la specificità del fenomeno e del relativo ambito di ricerca.

Dopo il convegno del 1990, le ricerche, dirette da Jean­ Jacques  Marchand, hanno condotto all’abbandono progressivo di categorie tributarie di un’idea ristretta  di migrazione[2],  legata alla dialettica di confronto tra paese d’origine e paese d’accoglienza (spesso resa attraverso il confronto tra una infanzia mitizzata ed un’età adulta situata in un ambiente ostile), per privilegiare la  constatazione  quantitativa  concernente  opere scritte in lingua italiana, con ambizioni letterarie, da italofoni residenti all’estero.

L’importanza dei criteri nazionali, spesso sottomessi a esigenze storico-politiche piuttosto che geo-culturali, è stata così ridotta per dare la precedenza a una discriminante di tipo linguistico. Questo principio ha reso possibile un allargamento dell'ambito di individuazione di connessioni interculturali in cui la scelta linguistica è tanto più significativa quanto non è obbligata.

Il censimento di opere e la definizione dell’ambito di investigazione hanno indicato, a un altro livello, la possibilità di riconoscere percorsi evolutivi generali o specifici. Gli studi in corso su tali esperienze letterarie, in Europa e soprattutto in altri continenti, dimostrano già, nei primi risultati, come si ritrovi molto spesso un comune movente genetico incentrato su una riflessione profonda e autonoma consacrata  al  tema  dell'identità, e ciò al di là di ogni recupero semplicemente nazionale. Dalla produzione, ad esempio, di autori in cui è ancora presente il conflitto  tra diverse  culture e tra diverse  identità,  passiamo ad una fase in cui chi scrive opere d’intento letterario in lingua italiana non è ormai quasi più un Italiano di prima generazione e, per formazione, fa riferimento alle istituzioni scolastiche del paese di accoglienza, di cui è spesso cittadino. Si tratta di voci di frequente sensibili ai problemi derivanti da situazioni di policulturalità[3], di emarginazione sociale, di conflittualità economica. Altra categoria molto significativa è quella di autori italiani all’estero di formazione più specificamente letteraria, legati alle problematiche dello sperimentalismo del secondo Novecento e di più sicura qualità di mezzi espressivi e stilistici.

 

 

 

Tratto da: 
RONCACCIA, Alberto. "La letteratura di lingua italiana all'estero e il Progetto BASLIE dell'Università di Losanna" in Italiano e italiani nel mondo. Italiani all’estero e stranieri in Italia: identità linguistiche culturali. Convegno di Studi, Perugia 13-15 dicembre 2001, a cura di S. Scaglione, Vol. I, Roma, Bulzoni, 2004. 107-116.

 

 

 

[1] Cfr. Marchand (1991b). Nel 1987, una parte del convegno internazionale sul tema “Lingua e letteratura italiana in Svizzera”, tenutosi anch’esso a Losanna, era già stata dedicata agli emigrati italiani in Svizzera autori di opere letterarie; cfr. Marchand (1989).

[2] Si veda,  a  questo  proposito,  l’introduzione  di J.-J. Marchand  agli  Atti del  convegno losannese  del 1990:  Marchand   0991b:  xvii-xix  e   xxxi-xxxiii).

[3] Intendo per policulturale  la situazione  in  cui  diverse  lingue  e  culture possono trovarsi a convivere senza intrattenere quei rapporti di scambio e di reciproca  influenza  che caratterizzano  invece una  dimensione  effettivamente pluriculturale. Si tratta di due categorie limite che, definendo gli estremi di un  percorso di  modificazione dei dati di partenza,  non  esistono mai, ovviamente, allo stato puro. Possiamo dire, quindi, che si tende al  policulturalismo quando prevalgono dinamiche di separazione e di contrasto,   mentre si tende al pluriculturalismo quando prevalgono elementi di comunicazione e di modifica strutturale delle categorie di  percezione della  realtà e dell'altro  da  sé.

 

 

 

L'intero articolo del Prof. Roncaccia è scaricabile dal link sottostante:

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